2 maggio 1928

Conclusa la quarta edizione, mentre gli echi dell’avvenimento sportivo non si sono ancora spenti, alcuni giorni dopo viene convocato il Consiglio Direttivo dell’A.C. per analizzare i costi e valutare se tenere la corsa ancora in piedi in assenza di un minimo di finanziamento esterno.Vista la relazione del bilancio, appoggiata da Savonelli sul tavolo, dalla quale emerge un debito di 156.519,50lire la risposta ha bisogno di una riflessione. Il Consiglio, anche per non sottrarre a Perugia e alla gente che conta su quelle giornate di maggio piene di piacevole rumore, con coraggio decide  l’effettuazione della gara nel 1928 a condizione che ci sia l’erogazione del contributo da parte del RACI.

La notizia dell’iscrizione della quinta edizione della corsa, prevista per il 28 maggio, con un montepremi portato a 250.000lire rende soddisfatti: i piloti, l’ambiente sportivo e rallegra gli appassionati che, ancora una volta, avranno la possibilità di incitare i propri beniamini. Purtroppo, la gioia ed il desiderio di tornare a respirare gli odori dei gas incombusti, di udire il rumore dei motori, di vedere le scie di polvere, le spettacolari derapate, non si concretizzano.

Il 2 maggio del 1928 uno stringato comunicato stampa annuncia al mondo sportivo e agli umbri increduli “…..le dimissioni di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione dell’Automobile Club di Perugia con la sospensione dell’attività sportiva e il conseguente l’annullamento della Coppa della Perugina. La notizia, lapidaria, è un fulmine a cielo sereno. Non sembra possibile che sia veramente tutto finito, che in un solo colpo  di spugna possa essere stato cancellato l’enorme lavoro fatto e gli sforzi, per anni, spesi da parte di tanti uomini. La realtà è invece questa e tutti, anche se in maniera incomprensibile, sono costretti a prenderne atto.

Il motivo del drastico atteggiamento è la conseguenza dell’assegnazione, da parte del R.A.C.I., dell’intera somma del famoso contributo di 200.000lire al Gran Premio di Roma che, a parere degli uomini dell’A.C. di Perugia come ribadito da Buitoni alcuni giorni dopo in uno scambio epistolare piuttosto acceso con l’On.Gallenga, non avrebbe dovuto meritare tante attenzioni e tutto quell’importante riconoscimento economico. Alla corsa laziale, rispetto alla Coppa della Perugina, mancano i requisiti fondamentali caratteristici di una gara automobilistica degna di questo nome: come l’anzianità organizzativa; un circuito fisso, per tre dizioni sono stati utilizzati tracciati ogni volta diversi, e non ultimo la sicurezza del percorso, la cui mancanza ogni anno ha richiesto ai piloti un pesante tributo di incidenti.

Con lo stringato comunicato la splendida avventura sportiva che per quattro anni ha coinvolto con trepidazione la città umbra in tutti i suoi strati sociali, che con il suo fascino ha ispirato un policromatico trittico del futurista Dottori, che con la sua spettacolarità ha stimolato gli studenti universitari ad una folle corsa rievocativa da Corso Vannucci fino a Fontivegge a bordo di “vetturette” costruite con materiali autarchici, è bruscamente giunta al termine. Perugia, dispersosi nell’aria il rombo dei motori, il vocìo rauco e metallico degli altoparlanti, il suono della banda, gli applausi a quei piloti ardimentosi, il brusìo dell’immensa folla, è tornata, malinconicamente, ad essere avvolta dal silenzio.